L’AMORE DI MATILDE PER L’IMPERATORE E PER IL PAPA
Atto unico in otto scene
Di Alfred de Grazia
© 2001 di Alfred de Grazia
L’umiliazione subita a Canossa da Enrico IV, imperatore del Sacro Romano Impero, davanti a papa Gregorio VII nel 1077 fu un evento spartiacque del secondo millennio. La mia versione di tale episodio è alquanto romanzata, per renderla più istruttiva. Per me si tratta anche di metter la "fiction virtuale” contro la storia falsificata, i miti sull’incontro e gli effetti che questo ebbe. Ai drammaturghi è concesso di essere più onesti degli storici. La mia Matilde è più legata alla realtà di quella della storiografia.
PERSONAGGI:
La Contessa Matilde di Toscana
L’imperatore Enrico IV
Papa Gregorio VII
La Regina Berta di Torino, moglie di Enrico
Corrado, figlio di Enrico
Dama di compagnia di Matilde
Camerlengo di Gregorio
Ciambellano di Enrico
Schlomo, araldo ed indovino
PROLOGO
(Davanti al sipario un araldo con fanfara ed in abiti medievali annuncia quanto segue.)
(Con forza) Udite, udite, udite!
Prelati, preti. Nobili, Cavalieri, Uomini liberi, Ebrei. Servi e villani. Braccianti e donne. A voi reco notizie e chiacchiere!
Matilde di Toscana, contessa di ricchi feudi della Cristianità, durante questi freddi giorni d’inverno ospita nel castello suo di Canossa, nell’Italia settentrionale, i due più grandi signori d’Europa, re Enrico IV , sovrano di Germania e del Sacro Romano Impero, e Ildebrando, Gregorio VII, Vicario di Cristo e Pontefice di Santa Romana Chiesa.
(Moderato, confidenzialmente) I tre si conoscono bene. Matilde è una giovane vedova, robusta ed attraente, Enrico è un giovane sposato e Gregorio è un cinquantaduenne bello e carismatico.
(Stridente) I due giganti sono i protagonisti dello scontro tra Stato (se posso coniare un termine) e Chiesa. Non deve forse la Chiesa governare con maggior polso il suo clero, i monasteri e tutti coloro che rivestono cariche religiose, e per aggiunta determinare la legittimazione dei sovrani temporali? Sì, dice Gregorio, il grande riformatore. No, dice Enrico. Forse, crede Matilde.
Ciascun uomo ha denunciato l’altro come peccatore e lo dichiara deposto. Inoltre Enrico è stato scomunicato da Gregorio, ed è quindi destinato all’inferno.
Il tempo dell’azione è il mese di gennaio 1077 Anno Domini. La neve imbianca la terra.
(Tormentato da incertezza) Perché sono qui? Che donna è la contessa Matilde? Chi vincerà questo scontro titanico che determinerà il destino della Cristianità?
(Molto accentato, largo) Ora vi porterò al castello di Canossa, nel bel mezzo della crisi stessa, affinché possiate vederne la risoluzione dal vivo!
Fa un inchino ed apre il sipario
SCENA PRIMA
Il salotto di Matilde
Matilde porta un alto copricapo velato sulle trecce rosse. Arriva la sua dama di compagnia,una donna ben piantata e che porta i pantaloni. Matilde mantiene un’aura di superiorità per tutta la pièce, vale a dire non perde mai il controllo in nessuna circostanza.
Matilde si sta mettendo i gioielli – croci, collane, spille, braccialetti –, guardando di tanto in tanto dalla finestra l’imperatore, suo moglie e il figlio.
Matilde: Ma guarda con che bionda grassona è andato a mettersi. E quel bambino poi, tutto pelle e ossa. Assomiglia un po’ a Enrico quando aveva la sua età. Immagino che la pelliccia di gatto che indossa lei sia un modo per apparire umili davanti al papa, ma perché far portare una giacchetta così sottile al bambino? Sta tremando tutto e potrebbe anche morire.
Giuseppina, dite al maggiordomo che faccia mettere dell’altra legna nella loro stanza. Non avrei dovuto sistemarli nelle stanze nord, ma volevo tenerli il più lontano possibile da Gregorio e la sua cricca. I preti son dei tali ficcanaso. Probabilmente origliano alle porte anche se le stanze sono disabitate.
Giuseppina: Il Papa mi ha riferito che vi attende.
Matilde: Lasciamolo ancora un po’ nel suo brodo – o qualsiasi altra cosa abbia di caldo. (Giuseppina esce)
Come sarà riuscito Enrico a varcare le Alpi in questa stagione? Deve’essere stato grazie a quella buffa attrezzatura per cui insiste sempre coi suoi fabbri. (Ride) Pensate se mi portasse in dono un paio di -- come si chiamano? Giuseppina? Ma dov’è? Oh, ora ricordo, sì. Staffe. Una nuova invenzione. Per riuscire ad alzarmi più in fretta se volessi colpire qualcuno stando in a cavallo.
Io, che ho il talento di Esther! Che bisogno ho io di una spada quando brandisco la scimitarra di Venere.
Nondimeno Gregorio non deve essere troppo sicuro che Enrico ed io siamo ancora così fottutamente vicini.
Però qui si sta esagerando. Devo insistere con Gregorio e convincerlo a fermare questi giochi invernali.
Giuseppina: (di ritorno agitata) Signora Contessa! Sua Santità è impaziente e minaccia di venire a prendervi.
Matilde: Va bene, ja wohl, O.K. Lascia la stanza per andare a incontrarlo.
SCENA SECONDA
Sotto la finestra del Papa
Sul proscenio sinistro, Enrico IV, imperatore del Sacro Romani Impero, con moglie (Berta di Torino) e figlio (Corrado). La neve imbianca il suolo e ogni tanto cadono dei fiocchi. Sono scalzi.
Corrado: Perché qui non posso mettermi le scarpe, mamma?
Me le hai appena tolte di nuovo. Tolte, messe, tolte, messe. E’ una cosa pia?
Berta: Al Papa piace che la gente se ne stia scalza sotto la sua finestra.
Corrado: Che pervertito!
Berta: Shh, amore, magari domani possiamo rimetterci le scarpe. Domani sarà il terzo giorno e il tre riveste un’importanza fondamentale nei nostri manoscritti illuminati.
Guardano in alto per vedere chi li stia guardando dalle minuscole finestre del castello.
Enrico: Ti prometto che ti farò dono dello chateau di Habsheim, cara, se sosterrai questa prova con me sino alla fine.
Berta: Ma non è tuo.
Enrico: Ma lo sarà una volta finita questa faccenda di scheiße.
Berta: Ma Habsheim è così poco chic. Non puoi metterci anche Kaisersburg?
Enrico: Sì, va bene, anche Kaisersburg. Ottimo vino, ottimo formaggio.
Berta: E Junior? Che cosa avrà? Guardalo, povero piccolo, gli si gelano i piedi e non sa neanche la ragione di tutto ciò.
Corrado: Oh, sì che lo so. Il papa vuole che papà gli prometta di fare il bravo, e papà vuole che il papa vada all’inferno. O magari è il contrario.
Enrico: E’ sveglio il ragazzo, eh. Sarà un buon imperatore.
Berta: E questo va bene, naturalmente, ma che gli darai per compensarlo dei piedini gelati. Siamo al terzo giono, ormai. Se solo avessi immaginato che andava così, io…
Enrico: Sì, sì, lo so non saresti mai venuta. Fammi il piacere e non parlarne più. Quanto a Junior, fammi pensare ...ma certo,... erediterà praticamente tutti i miei possedimenti, centomila miglia quadrate di terra, 244 villaggi, 16.000 soldati inaffidabili, alleati infidi a dozzine… e, beh, una dozzina di principi che non vedranno l’ora di farlo fuori.
Berta: Ma questa è ordinaria amministrazione. Non ti viene in mente niente di speciale per l’occasione?
Enrico: Immagino che potrei promettergli in sposa una gran dama … ci sono un sacco di duchesse e principesse con dote ragguardevole, anche se per lo più sono proprio brutte. Conoscevo una ragazza magnifica, la figlia del Re di Puglia, un clima meraviglioso, una bizzarra cultura romano-bizantina, le avevo messo gli occhi addosso, ma quei dannati Normanni sono giunti con quelle loro maledette barche lunghe e ha preso tutti i castelli, violentando tutto ciò che si muoveva, e puoi star sicura che adesso sarà finita in sposa ad uno di quei Vichinghi barbari.
Berta: Che romantico!
Enrico: Ferma! Ho trovato. Siamo proprio di fronte al suo castello. E’ eccezionale. Matilde! Possiede alcuni di migliori feudi d’Europa, e suo marito, Goffredo il Gibboso, è morto da poco! (magari l’ha avvelenato lei; dopo tutto era un mio fervido sostenitore.) E’ molto bella, ha solo 31 anni ed è una pedofila.
Berta: A volte sei poco meno che completamente suonato, Enrico. Hai ragione. Il cielo stesso li ha accoppiati, e persino al papa potrebbe piacere, perché ciò ci legherebbe a lui ancor di più, visto che è così vicino a Matilde e tutto il resto.
Enrico: Sì, forse troppo vicino.
Berta: Certo che voi uomini v’aspettate che noi donne si rinunci a un sacco di cose, vero, per piegarci alle vostre stupidaggini dinastiche. (In effetti al momento si torce dalla rabbia, giacché è riemersa una vecchia ferita di gelosia.) Immagina se riprendi a fare il cretino con lei: così sì che sarebbe una piacevole situazione familiare, tipicamente reale, o forse dovrei dire volgare, risparmiando la buona borghesia che si sta facendo avanti.
(Ripensandoci) Oh, in effetti la soluzione non sarebbe poi così male. Perché io non tollererei la tua condotta e Junior concorderebbe sul fatto che è inammissibile. E convinceremmo mio zio Ottone ad assassinarti, e avresti ciò che ti meriti, il mio Junior diventerebbe re Enrico V.
Enrico: Esatto, mia cara, ed è proprio per questo che non andrei a impegolarmi con Matilde.
Berta: OK, siamo d’accordo allora.
Pensi di riuscire a porre la questione mentre siamo qui? Io non posso e non lo farò.
Prima è, meglio è. Mi innervosisce il fatto che Junior sta già iniziando ad allungare i tempi della vestizione con quelle ragazze del popolo.
Enrico: Non guardare, ma ho appena visto il naso di Gregorio sbucare da quella feritoia. Questo vuol dire che se ne tornerà a gozzovigliare, ad abbuffarsi e ad andare a letto. Penso che ora possiamo svignarcela umilmente nelle nostre stanze e mangiarci un po’ di cappone, un paio di piccioni ripieni, zuppa d’orzo, pane appena sfornato, et cetera, Il Chianti di Matilde è fantastico, un po’ piquant – Mi piacerebbe che qualcuno scoprisse le patate in America o gli spaghetti in Cina. Sarebbero wunderbar.
I tre arrancano nella neve ed escono a sinistra.
SCENA TERZA
Gli appartamenti del papa
Papa Gregorio estrae il naso dalla feritoia e si rivolge al camerlengo, praticamente un sosia del papa, anche se coperto di croci, stelle, simboli antichi, chiavi, in breve: una gioielleria ambulante che mette in ombra Gregorio, affinché questi passi per un umile prete. Indipendentemente da ciò che vi è nella stanza, dovrà esserci anche uno spesso tappeto per la preghiera.
Gregorio: Che stronzo. Ma perché s’è portato dietro moglie e figlio? Per scalfire il mio cuore coriaceo? No, è più probabile che voglia farmi credere che non sta più cercando di trescare con Matilde.
Si sta facendo troppo scuro per gongolare della sua umiliazione. Non si vede granché. Lasciamolo lì fuori a congelare, il bastardo. E’ ora di dar la biada ai cavalli. L’hanno già fatto? E come sta Maria Nera – mi sembra stia languendo un pochino, deve essere vista da un veterinario, dite al mio barbiere di andare da lei a curarla.
Si rivolge al camerlengo, "Ehilà, ma come siamo stupendi oggi! " Il camerlengo non dice nemmeno una parola, come se fosse una statua.,
Ditemi chi sono, Monsignore!
Il camerlengo si gonfia di boria e declama: Sono ciò che fa la differenza tra paradiso e inferno per la Chiesa Cattolica e le sue infinite greggi. Nessuno mai in tutta la Cristianità ha lavorato così duramente e così a lungo e così efficacemente come me per trasformare la religione cattolica in una grande forza d’assalto per la conquista del mondo. Dopo Canossa, dapprima tutta l’Italia, poi la Germania e dopo tutta l’Europa. In seguito le nostre crociate dovranno riprendere la Terra Santa e distruggere l’Islam. Poi la Chiesa Ortodossa Orientale si consegnerà prontamente nelle nostre bramose mani insieme alle più lontane steppe della Russia e, ebbene sì, pianteremo crocifissi lungo tutta la via della seta fino alla Cina. E poi via verso nuovi mondi, dove intrepidi Celti, sempre fedeli, Mori e negri convertiti chiameranno tutte le tribù e civiltà al nome di Cristo e alla legittima autorità di Santa Romana Chiesa. Gesù Cristo, sovrano del mondo, disporrà di un apparato burocratico che avrebbe fatto schiattare d’invidia i Romani.
Gregorio: E adesso sentite il mio discorso sul mio rientro a Roma e la convocazione dei cardinali:
(è di nuovo il camerlengo che parla.)
Primus: In principio era il verbo di Dio, e poi il verbo di Dio Gesù, e sono due, e poi dai quei cocciuti dei musulmani, i cui modi cambieremo presto, ecco arrivare il verbo per la terza volta: e non c’è dubbia su quale sia il verbo: Dio è Dio e non c’è altro Dio all’infuori di Dio.
Secundus: La Chiesa di Roma è l’autorità designata da Dio sulla Terra. Soltanto il papa nominerà i cardinali e solo il collegio cardinalizio elegge il successore del papa.
Tertius: La Chiesa si estende fino in cielo come un albero gigantesco i cui rami conducono le anime benedette nel sacro regno celeste. La Chiesa affonda radici in tutto il mondo, chiamando a sé tutti e tutto per il proprio nutrimento e per farli salire in alto.
Quartus: Il suolo della terra è la plebe ed essa è ciò che dà nutrimento ai più umili ed ai più grandi servi di Dio. Lo scopo di detti servi, che campano sulla plebe, è quello di lavorare per lo sviluppo e l’espansione della Chiesa di Roma. Il popolo sarà fertile, ma il clero non dovrà seminare.
Quintus: A nessuno, quale che sia la sua classe sociale o il suo rango reale, è consentito interrompere, turbare o contraddire la crescita e l’espansione naturali della Chiesa. Costui ed i suoi simili ricevono la propria autorità dalla Chiesa, e quindi dalla voce della Chiesa, San Pietro e i suoi successori a Roma. A nessuno sarà consentito comprare un incarico ecclesiastico, pena la dannazione per lui e del chierico che ha proceduto a tale vendita simoniaca.
Sextus: Quando la Chiesa, con la sua grandiosa struttura gerarchica e le sue ferree componenti, stabilisce che le leggi di Dio sono violate da chicchessia, soprattutto se da uomini di potere e superiorità presunta, essa li chiamerà a sottomettersi all’autorità religiosa ed a correggere la propria condotta acciocché si conformino alle norme divine.
Septimus: I re appartengono alle greggi che il Figlio di Dio ha affidato a San Pietro e che questi ha affidato ai suoi successori, i pontefici.
Gregorio: Basta! Ecco la Contessa. Sparisci.
SCENA QUARTA
Matilde e Gregorio
Matilde entra e gli bacia la mano.
Matilde: Bacio questa vostra gentile mano italiana.
Gregorio: Ed io la vostra.
Matilde: Sfugge al suo abbraccio avvolgente e inizia a parlare immediatamente. Il tuo più grande errore, tesoro, è quello di credere di aver salvato la chiesa conferendole supremazia, mentre in realtà hai dato impulso alla nazionalizzazione dello stato ed alla costruzione di una struttura interna integrata che lo aiuterà contro le aggressioni straniere – e nella più completa assenza di preoccupazioni di natura morale e dandogli ottime giustificazioni per respingere i tentativi della Chiesa di instaurare la fratellanza cristiana.
Gregorio: Che... che… cosa?
Matilde: In parole semplici, stai creando un mostro, lo Stato, che non avrà bisogno di giustificazione morale e che potrà ignorare la Chiesa. E persino attaccarla, a piacimento. Sono stata abbastanza chiara? Separando sacro e profano, non farai altro che rendere il profano più forte alla fine.
Gregorio: (con ammirazione) Ho bisogno di voi, sublime consigliere. Probabilmente sarei finito prigioniero dei nobili tedeschi se avessi proseguito il mio viaggio: Invece, fortunatamente, sono stato intercettato dal tuo nunzio. E poi m’è venuta la brillante idea di chiederti di far venire Enrico qui in Italia, nel tuo castello.
Ti prego di scusarmi, va dietro una tenda e piscia rumorosamente in un vaso.
Matilde (a parte). Le mie teorie lo mandano in estasi, ma non segue mai i miei consigli. Dio, come sono stupidi gli uomini.
Ero contenta della visita di Gregorio e raggiante per la sua idea di far venire qui Enrico, visto che questo stupido era già arrivato qui con moglie e figlio, senza farsi annunciare, e s’era già sistemato più che bene all’arrivo di Gregorio.
Poi ovviamente m’è toccato mandar fuori Enrico sulla fottuta neve ad implorare in ginocchio.
Ma ne vale la pena, indipendentemente dal fatto che così si salva il mondo. Due fantastici amanti in casa mia e sul mio grambo, contemporaneamente. E tutto sotto gli occhi della mogli e dei prelati. L’amore vince tutto. O forse è il mio incontenibile desiderio di sesso e intrighi?
(Rivolgendosi al papa, che è tornato) Enrico mi ama e basterebbe che io glielo chiedessi per inginocchiarsi davanti a te.
Gregorio: Non sapevo che tu e lui eravate stati amanti.
Matilde: Sapevi però che abbiamo passato l’infanzia insieme e che mia madre ed io eravamo ostaggi di suo padre nel suo castello per tanto tempo. E che io sono più vecchia di lui di diversi anni. Non lasciare mai da solo un bel ragazzo con una ragazza più grande.
Gregorio: Anche così, credi davvero che accetterei il suo pentimento e lo assolverei? Che bruci all’inferno.
Matilde: Non essere così geloso. E’ stato tanto tempo fa. Sei ancora un magnifico animale. Ti amo ancora. Giudica in base al futuro dell’impero e della chiesa, non della mia passera.
Gregorio: Nondimeno, lo sai, rifiuterei e lo condannerei comunque. Non sarebbe a causa del mio amore geloso per te.
Matilde: Questo sta a me dirlo. Una donna è in grado di dire quando un uomo agisce in preda alla gelosia; vi è un certa scintilla nei suoi occhi, un odio particolare che trasuda dalle sue labbra. Se vedo che prenderai una decisione spassionata, tenendo presente solo il bene e la grandezza della chiesa, me ne accorgerò e, che dire, mi offrirò ai tuoi amplessi per sempre – e vedrai come riesco ad essere amorosa dopo che mi avrai restituito la verginità assolvendomi dai miei peccati.
Gregorio: I tuoi argomenti sono dannatamente ragionevoli. Come sempre, del resto. Stiamo un po’ a vedere che razza di spettacolo umiliante ha intenzione di inscenare questo giovane allocco.
SCENA QUINTA
Il salotto di Matilde
Matilde sta pregando da sola, a capo scoperto con le lunghe trecce rosse che pendono. Entra alle sue spalle l’imperatore Enrico, che subito la prende per la vita e la solleva. Lei sa che è lui. Si baciano appassionatamente, come farebbero due amanti di vecchia data.
Enrico: Gli hai parlato?
Matilde: Sì. E’ tutto a posto. Se sei seriamente intenzionato ad ottenere l’assoluzione, devi continuare a far la scena sotto la sua finestra, finché sarà bell’e pronto ad avere pietà di te.
Enrico: Cheppalle!
Matilde: Voi, baroni focosi! Cinici brutali che non siete altro! Non riuscite a capire come mai le vostre spade fondano al contatto della croce santa, perché le vostre nude forze non possano trasformarvi in preti. Colpite la vostra gente senza notare lo sguardo che si cela nei loro occhi frementi, "Procedete, mio signore, che io presto sarò in cielo mentre voi brucerete per sempre all’inferno."
Ma come hai potuto essere così temerario da tentare di scomunicare il pontefice in persona?
Enrico: Oh, beh, se non altro l’idea era originale. Devi concederlo. La cosa più sorprendente è che un terzo dei principi e dei vescovi mi abbiano appoggiato.
(Con la coda tra le gambe) Sì, è vero, gli altri mi hanno arrestato.
Ma non era certo mia intenzione aspettare che Gregorio arrivasse per unirsi a loro contro di me. Così sono fuggito, ho attraversato le Alpi – Cristo che viaggio stancante! – e son venuto dritto dritto al tuo castello.
Matilde: Tua moglie dev’essere stata colta di sorpresa quando t’ha visto piombarle in casa sua a Torino.
Enrico: Oh, è abituata alle mie stranezze. Ma se l’è presa quando le ho chiesto di venire con me al tuo castello. Lei sa – e chi è che non lo sa? – che mi hai preso in mano, letteralmente, quando ero ancora un ragazzino.
Matilde: (Sorride) Ah, come ricordo bene ancora adesso quel topino caldo con cui giocavo. E tu hai imparato che non serviva solo a fare la pipì.
Enrico: C’è bisogno di dirti quanto tengo al ricordo di tutte le volte in cui abbiamo fatto l’amore da allora?
Matilde: Sei un amante bollente, ma non troppo presente. Ti vedo così di rado.
Enrico: Ci dividono le Alpi, carissima Matilde. Ma aspetta solo che sistemo la faccenda coi romani. Potrei persino diventare papa e allora non ci saranno assurdità su chi confessa chi in merito ad abitudini da letto.
Papa ed Imperatore - Dio!
Matilde: Quanto sei sciocco, Enrico. Nemmeno adesso ci sono simili assurdità, e mi riferisco a Gregorio. Quando mi confessa lui punta dritto dritto alla mia assoluzione. Dispone di altri mezzi
per sapere che cosa sto combinando. Ma l’amore lo trattiene come farebbe una vergine di Norimberga.
Enrico: La cosa non mi sorprende. Il vecchio mette le sue spie in giro ogni volta che ci vediamo. Mi chiedo se alcune delle sue idee più radicali non derivino dalla gelosia che nutre per noi. Il suo odio per me – non è certo una questione di principi.
Matilde: Non è vero ciò che dici. E non credere che il suo amore per me non sia corrisposto. Il vecchio toro ne avrebbe di trucchetti da insegnarti.
Ad ogni modo, Gregorio non sa che ho complottato per farvi venire qui entrambi, dove potevo tenere sott’occhio tutti e due ‘sti grand’uomini che siete. Non appena avrai ricevuto la sua benedizione, riceverete la mia. Alzati presto domattina. Farò in modo che ti mandi a chiamare con l’intenzione del perdono.
Poi potrai prendermi dove vuoi e dove io desidero esser presa. Ma domani sera è un’altra storia. Dopo che te sarai partito. Gregorio avrà il suo dessert. Mi ama teneramente. Sai quant’è incredibilmente egocentrico, non che non abbia ragione, al punto da possedere me nel corpo e il mondo come impero. Sono un consigliere di prim’ordine in queste cose, e le ore di un consigliere sono lunghe quand’è a letto. E’ un grand’uomo ed ha un progetto; anche tu sei grande, amore, ma inetto e senza progetti.
Enrico: Non darmi lezioni.
Matilde: La sola sbruffoneria alla fine non ti porterà da nessuna parte. Ora esci di qui e, per amor di Dio, assumi un’aria contrita, stupido. Si abbracciano. Lei lo spinge verso la porta.
Enrico esce.
SCENA SESTA
Anticamera degli appartamenti di Enrico
Enrico, vestito solo di un saio di lana e di un mantello e scarpe alte, parla col suo ciambellano, una meraviglia robotica fatta di spade, pugnali, medaglie, nastri e bastoni.
Ciambellano: Se per governare deve ucciderne migliaia, un re deve farlo. Mosè e Davide ha massacrato la propria gente come fossero mucche pazze, Inginocchiarsi per ricevere un grande potere psicologico sugli uomini è facile.
Enrico: Il grande avvocato Guarnerio è qui in visita da Matilde, per insegnarle il codice delle leggi imperiali di Roma. E’ venuto nei miei appartamenti due sere fa, dopo che mi ero congelato i piedi tutto il giorno e mi ha dato lezioni sui principi di organizzazione e condotta della legge imperiale romana.
E’ quella che farò valere in Europa. Costruirò il Sacro Romano Impero sul monolito di Roma antica. Sarà la fine di questi baroni litigio italiani e tedeschi. Farò della chiesa un sol boccone. Già adesso è a metà della mia gola.
Ma devo travare da qualche parte nei miei domini un popolo degno di me, che voglia una nazione per se stesso e combattere per essa.
Chamberlain: Il medesimo signor Guarnerio sta consigliando anche il papa, Vostra Altezza. E sta facendo un sacco di soldi grazie a quelle che lui chiama semplici consulenze, e non prende mai le parti di nessuno. Laicismo allo stato puro. Forse è per questo che il papa è deciso ad imporre la supremazia della religione. E’ il sogno dell’Impero Romano che si realizza. Una teoria può sputar fuori un dogma; e un dogma può convogliare un sacco di energie a parole e sentimenti oziosi.
Enrico: Ho sentito abbastanza. Vado a vedere il papa. Il suo camerlengo ci manda a dire che i miei tre giorni di sofferta contrizione nell’amara neve hanno dimostrato a Sua Santità che il mio cuore è tornato sulla retta via.
SCENA SETTIMA
La sala grande del Castello di Canossa
(Dalla parete sinistra pendono innumerevoli spade e pugnali, mentre la destra è un intrico di crocifissi.)
Matilde entra dall’ingresso principale di centro scena, Enrico da sinistra e Gregorio da destra. Il camerlengo pone la tiara papale sul capo di Gregorio, mentre il ciambellano la corona su quello di Enrico. La dama di compagnia di Matilde pone sul capo di questa una tiara con cinque enormi stelle a cinque punte fatte di diamanti. Ciascun personaggio si ferma prima di giungere al centro della scena per ricevere i copricapo e per proferire alcune parole intese solo per gli orecchi del pubblico e dei loro attendenti.
Enrico: Che stupido Gregorio ad accettare la mia parola d’onore.
Gregorio: Che stupido Enrico a credere che io sia così stupido da accettare la sua parola d’onore. Persino ora sta per essere sostituito nel ruolo di imperatore da un sovrano che gli preferisco, re Rodolfo.
Matilde: Che stupidi gli uomini a credere l’un l’altro; non fa meraviglia che si bevano le dichiarazioni d’amore di una donna. Ovviamente mi piacciono questi due, ma solo a modo mio. E ammetto di sentirmi attratta sessualmente da entrambi.
Nel frattempo, tra le battute dei tre personaggi, il camerlengo spinge un leggio drappeggiato in porpora dietro al quale si metterà il papa, rivolto al proscenio. Il ciambellano reca un piccolo cuscino rosso sul quale si inginocchierà Enrico. E la dama di compagnia porta e colloca a fianco del leggio e del cuscino uno spesso cuscino bianco che misura non meno di due metri in diagonale.
Entrano tutti gli altri componenti del cast e si fermano ai lati. Fanno da testimoni.
Il camerlengo al ciambellano in un a parte ad alta voce: La cerimonia sarà breve. Sua Santità mette sempre tutto per iscritto. E’ il Nuovo Ordine. (Agita un fascio di tre grandi pergamene.)
(Tutti sono al oro posto e tacciono)
Gregorio: Nel nome del Padre, del Figlio e dell’Ospite Santo, amen, (tutti ripetono amen), cominciamo dunque.
Giurate voi, Enrico, di aver commesso tutti i peccati racchiusi nell’elenco che vi accingete a firmare e da noi prima discusso in privato?
Enrico: Lo giuro. Va bene lo stesso se mi limito a vergare il mio sigillo reale? Sapete quanto detesti scrivere.
Gregorio: (Sprezzante) Come più vi aggrada. (Enrico verga la prima pergamena portagli su di un vassoio dal camerlengo, la pergamena gli viene poi tolta.) Giurate voi, Enrico, d’avere il cuore ricolmo di contrizione per aver commesso tutti detti peccati, come rigorosamente espresso nel documento Secundus?
Enrico: Lo giuro. (Ripete la procedura per la firma)
Gregorio: Giurate voi, Enrico, e dichiarate che l’autorità ed il potere di castigare e scomunicare chicchessia, sia egli di rango superiore o inferiore, all’infuori della Chiesa sono dati solo ai plenipotenziari di questa, procedendo nel più completo accordo con le leggi della Chiesa? Se sì, apponete il vostro sigillo sul documento Tertius.
Enrico: Lo giuro e lo dichiaro. (Ripete la procedura per la firma.)
Gregorio: Pertanto ora voi siete assolto da tutti i peccati e restituito alla condizione santa ed innocente di un vero figlio di Santa Romana Chiesa e sovrano di Germania. Ego te absolvo.
Tutti si fanno il segno della croce, dicendo ad alta voce, "In nomine patris, filiis, et spiritus sanctis. Amen."
Il papa si alza, dopodiché si alzano tutti. Si gira verso il camerlengo e dichiara: Che di questo accordo e proclama giunga notizia il più celermente possibile a tutta la Cristianità ed al resto del mondo, che ben saprà cogliere l’affermazione di questo nuovo ordine dei secoli. Esce dalla sala.
Enrico emette un urlo di guerra, esclamando "Sono re. Sono imperatore," e va da Matilde, per abbracciarla, poi va da Berta e poi da Corrado. Corrado corre verso il camino.
Enrico coglie l’occasione per prendere in disparte Matilde. Posso parlarvi, cara contessa, se permettete?
Vi vedrò più tardi, come ardentemente spero, per quel rendezvous che mi avete promesso?
Matilde: No, purtroppo, e per la più valida delle ragioni. Madre Natura, che nemmeno tra i re ha eguali, ha dato inizio alla sua visita mensile ed ora non posso che anelare alla prima occasione di godere della vostra regia presenza.
Enrico: Ah, quando penso alla mia infanzia con te, come vorrei che fosse durata per sempre. E, sai Matilde, mi sono chiesto, con il più completo consenso da parte della mia cara Berta, se mio figlio non potesse vivere la stessa esperienza?
Matilde: Intendi dire che vorresti farlo stare qui con me?
Enrico: In una parola, sì. Credo che sarà un giovane più valoroso, audace e bello di quanto io sia mai stato.
Matilde scoppia in una risata, poi, continuando a ridacchiare mentre parla, dice: Perché no? Perché no? E chi può dir di no, se tu dici di sì? (Si rivolge a Corrado.)
Corrado, vorresti rimanere qui con me in una bella stanza proprio accanto alla mia e mangiare ogni sera coniglio e pollo alla mia tavola?
Corrado guarda la madre in attesa di un cenno di approvazione, che, ottenuto, gli fa dire: Siete così gentile e bella, mi piacerebbe moltissimo, cara contessa Matilde. C’è un camino nella stanza?
Matilde: Non uno, ma due camini, caro.
Corrado: E non dovrò riattraversare le Alpi adesso?
Matilde: No, non dovrai attraversare le Alpi.
Corrado: Allora sicuramente, cara contessa, e s’inginocchia per baciarle la mano.
Matilde: (a Enrico) Sei coì astuto a volte. Farmi un’offerta che non posso rifiutare. Allora andiamo tutti nella tua nuova stanza, Corrado, a dire addio ai tuoi cari.
SCENA OTTAVA
Gli appartamenti del papa
Un ampio tappeto per la preghiera giace ad alcuni passi alle spalle degli attori.
Gregorio: come entra Matilde. Ah, eccoti, mia cara. Ci sono novità. Sono giunte che Enrico stava per partire. Volevo che partisse prima di parlartene. Avrà una brutta sorpresa al suo rientro. Il consiglio dei Re lo ha deposto. Ora vi sarà guerra e ancora guerra – come al solito, dovrei aggiungere.
Matilde: Ma è terribile! Era così contento di se stesso quando è partito.
Ma i principi tedeschi sono più ottusi delle cimici. Ne troverà tanti disposti a sostenerlo. E, a proposito, anch’io ho novità. Non hai ancora finito con lui.
Gregorio: Come, come?
Matilde: Ti spiego: c’è un araldo bravissimo qui da me. Predice il futuro. E’ astrologo e profeta.
Gregorio: E’ cristiano?
Matilde: No, è un ebreo cui ho concesso la licenza per gemme e profezie. Suona anche la tromba. Dovrebbe essere qui a momenti. Eccolo qui.
Spero tu sopporti il futuro, intendo la parte di esso che precede il tuo arrivo nel Limbo.
Araldo: Sono Schlomo, figlio di Levi, figlio di Abramo, figlio di Mosè, figlio di Mickey Mouse, cento generazioni da Salomone, Schlomo il grande. E questo è ciò che prevedo:
(Gregorio e Matilde fanno opportunamente facce e gesti di incredulità, paura, piacere, disperazione, rabbia, protesta, spavento, conferma delle proprie previsioni, ecc., nella pausa che segue ogni frase e possono anche uscirsene con esclamazioni.)
Enrico troverà al rientro molti principi contro di sé, nonostante l’assoluzione.
Questi principi si rivolgeranno a re Rodolfo.
Papa Gregorio sosterrà Rodolfo.
Ma Rodolfo morirà presto.
Enrico IV sarà quindi re e imperatore incontestato.
Re Enrico designerà un anti-papa.
Re Enrico scenderà a sud e metterà L’Italia a ferro e fuoco.
Enrico costringerà Gregorio a rifugiarsi a Castel Sant’Angelo.
Gregorio sarà costretto a ricorrere all’aiuto dei regni Normanni del sud.
Appellandosi ai Normanni dell’Italia meridionale, Gregorio potrà tornare a Roma.
Ma Roma verrà saccheggiata e devastata dai Vichinghi, che sono peggio dei Vandali.
Gregorio morirà in esilio a Salerno.
Enrico verrà rovesciato dai suoi figli.
Enrico morirà mentre chiama a raccolta degli alleati per riconquistare il trono.
Matilde vedrà i suoi feudi confiscati dal secondo figlio di Enrico.
Matilde sposerà un giovane principe di un grande regno.
Matilde riavrà indietro la maggior parte delle sue proprietà dall’Imperatore, in cambio della promessa di lasciarli in eredità a lui, nonostante nel suo testamento essi siano destinati alla Chiesa.
Matilde morirà serenamente mentre Chiesa e Impero daranno il via ad una lunga controversia sui suoi terreni.
Questi sono gli eventi che devo predire. (Alza cupamente le spalle.) Mi spiace se ho urtato i sentimenti di qualcuno...
Gregorio: Ma è spaventoso.
Matilde: Potrebbe anche andare peggio. Ha parlato solo dei prossimi anni.
Gregorio: Ripeto: è spaventoso, più che spaventoso.
Matilde: Ma no, prova solo a pensare che cosa sarà delle tue riforme nel futuro remoto.
Ci saranno nazioni bellicose, più crudeli di quelle che conosciamo oggi.
Useranno macchine esplosive che uccideranno servi, cittadini e signori senza alcuna distinzione.
Le Crociate che stai promuovendo con tanto entusiasmo faranno una fiammata e poi si spegneranno, più e più volte, fino a che sarete abbastanza fortunati da ottenere il permesso di mantenere un numero esiguo di chiese cristiane in Terra Santa.
Disgustose sette cristiane si guadagneranno l’appoggio di potenti regimi e muoveranno guerra contro altri cristiani e tra di loro. Protestanti e cattolici si combatteranno in tutto il mondo.
E l’Islam si diffonderà inesorabilmente. E ci saranno positivismo, ateismo, comunismo e scienza materialista a combattere tutte le religioni.
Gregorio, mio dolce e santo signore, non sai quanto sei fortunato, potendo godere della consolazione che ti viene dalla tua religione e dall’avere un posto riservato in paradiso. Te ne andrai da questo inferno sulla Terra mentre le cose andranno ancora bene.
Gregorio: Riesco a sopportare la verità. Non ripeterò forse all’infinito, al mio gregge e al mondo intero, "Sono pronto a divenire un martire per la causa del Buon Signore," o espressioni simili? – le ricnoscerai quando le sentirai. Né si può negare la lungimiranza del mio razionalismo, perché ripeterò insistentemente "Cristo non ha detto "Sono la tradizione, bensì "Sono la verità."
(Un cipiglio preoccupato appare sul suo volto.) Non credo che servirà a molto, vero?
Matilde: No. La verità non ti porterà da nessuna parte.
Gregorio: Temo però che il tuo profeta accelererà il mio penoso destino raccontando questa storia in tutta la Toscana, guadagnandoci peraltro un sacco di soldi. E’ una minaccia. Voglio che sia processato dall’Inquisizione e arso al rogo.
Matilde: E’ così che mi ricambi per averti mostrato il passato, il presente ed il futuro. Caro Gregorio, amore mio. Non essere avventato.
Gregorio: Vero, non potrei farlo comunque, il Tribunale dell’Inquisizione che ho istituito a Roma è troppo giusto e incorruttibile. Rispetta le leggi – è una delle mie invenzioni rivoluzionarie.
Lo farò uccidere. Non posso permettere che se ne vada in giro a raccontare questa storia.
Matilde: Mio caro, carissimo amico. Ti ho fatto questo e altri favori. Shlomo mi è indispensabile. I futurologi sono rari quanto i denti di gallina. Ed io adoro sentir parlare del futuro.
Quando glielo chiedo di farlo, lui se ne esce con una profezia disonesta. Ma soltanto io ho questo legame con lui e riesco eccezionalmente a convincerlo a disonorare i suoi antenati.
Sii certo che nessuno al mondo sentirà mai il resoconto di questa storia ed io gli chiederò di raccontarne uno più favorevole, anche se riferito alle stesse cose, ma volto a tuo favore e alquanto confortante. Non sarà una storia vera; sarà una campagna promozionale per la tua Santa Romana Chiesa. E dopo sarà storia.
Gregorio: Sei un tesoro e so che posso contare su di te.
(A Shlomo, l’araldo-profeta) Vattene ora, e tieni la lingua sempre a freno.
(L’araldo esce strascicando i piedi)
Gregorio: Vieni qui, adesso, mio tesoro, che risolviamo nel corpus unicus l’assurdità dei giorni scorsi. Mi sento molto meglio senza il futuro sul groppone.
Matilde: (pudicamente) Pensavo fossi sazio del mio corpo succulento, vistao la fermezza con cui hai insistito per il celibato dei tuoi preti.
Gregorio: Per celibato non intendo la continenza o l’astenersi dal sesso, bensì la rinuncia al matrimonio e ad una progenie legittima. Senza progenie, vien più naturale al prete concentrarsi con maggiore intensità sul suo Dio e sulla sua Chiesa.
Matilde: A volte sì, a volte no. Supponiamo che la Chiesa, nella sua zelante prevenzione della contracezio, scopra che i servi non procreano, vuoi per la peste, vuoi per il pessimismo derivante da un’esistenza così disgraziata, o per la brutalità dei feudatari, e che i preti fanno più figli fuori dal vincolo matrimoniale. Non farebbero tutto quanto è in loro potere per promuovere la propria schiatta? Magari un giorno potrebbero addirittura fare papa il figlio di un papa.
Gregorio: Nessuno è perfetto.
Matilde: Che cosa di fa credere di non avere avuto un figlio da me?
Gregorio. Non so.
Matilde: Che cosa ti fa credere che Enrico non abbia avuto un figlio da me?
Gregorio: Non so.
Matilde: Ti sei fidato del fatto che io avrei praticato il controllo delle nascite. Ed io, essendo saggia, non ho voluto figli che turbassero la mia vita spensierata.
Sei così ingenuo, Gregorio, anche se ti piacerebbe dominare il mondo intero – e potresti anche riuscirci, se tratti Enrico nel modo giusto. Allora la tua religione cattolica potrebbe davvero dominare tutte le nazioni del mondo.
Lo sanno tutti che i preti sono i migliori padri che si possano avere: sempre a portata di mano nel bisogno, sempre con la dispensa piena, con tanta legna da ardere, che t’insegnano a leggere e a scrivere, che sanno, grazie a una sfilza di confessioni, chi potrebbe fare del male ai loro figli, sapendo anche come fermarli attraverso le penitenze. Il più delle volte riescono ad evitare lotte e conflitti, senza essere accusati di codardia o servilismo.
Gregorio: Ah, Matilde, Matilde, hai così ragione, hai sempre ragione. Sei più forte di un colpo di stato per mano militare. Sì, e riesci a mettere la croce al suo posto.
Matilde: E’ vero, perché allora non chiudiamo con il vecchio detto, "L’amore vince tutto!", indipendentemente dal punto del suo labirinto in cui ci si trova.
Gregorio: (ansando dal desiderio) Sì, sì, sì, è vero.
Oh, mia cara, ti chiedo ora di lasciarmi concludere questo grande giorno della storia con la dimostrazione di come un celibe agisce quando non è in servizio e si trova di fronte a tanta bellezza.
Matilde: Così parla l’uomo che amo.
Gregorio spalanca il mantello, Matilde gli entra sopra, tirando giù il suo cappuccio ed entrambi si piegano, si intrecciano, si contorcono, muovendosi alla cieca come due serpenti che si accoppiano verso il retro della scena, mentre le luci si abbassano ed il sipario si chiude. Si sente un tonfo pesante, come di corpi che cadono su uno spesso tappeto di preghiera, nel buio.
SIPARIO
FINIS