DI COME IL SESSO ORALE SALVÒ IL CAPITANO DREYFUS
Atto unico in otto scene
Di Alfred de Grazia
© 2001 di Alfred de Grazia
PERSONAGGI:
tutto il cast parla con accento francese
.
Tutti e 28 I personaggi portano vistosi abiti fin de siecle.
Emile Zola, autore celeberrimo
Il capitano Alfred Dreyfus, ex-ufficiale dell’esercito, espulso ed accusato di tradimento
La guardia di Dreyfus sull’Isola del Diavolo
Il presidente francese Felix Faure, un robusto e corpulento bon vivant*
Il Cardinale Richard, Arcivescovo di Parigi *
Adolphe Steinheil, artista, ritrattista del presidente Faure*
Albert, Sua Altezza Serenissima, Principe di Monaco*
Mme "Meg" Steinheil, amante del presidente Faure, moglie di Adolphe Steinheil e modella dell’artista
Monsieur Blondel, segretario personale del Presidente
La segretaria del Presidente, una donna sui quaranta, magra, nervosa, vestita come le segretarie nelle reclame delle prime macchine per scrivere
Mme Faure, moglie del Presidente
Mlle Faure, figlia del Presidente e di Mme Faure
Un ispettore di polizia *
Guardie repubblicane (guardie del corpo del Presidente), due*
Dr. Mehieu, medico del Presidente*
Il presidente Emile Loubet, solerte successore del presidente Faure
Reporter, quattro*
Fotografi, tre*
Il Ministro della Giustizia *
Georges "La Tigre" Clemenceau, redattore de "L'Aurore,"pro-Dreyfus e futuro Premier
Colonnello Charles Piquart, Funzionario dell’Intelligence che dimostrerà l’innocenza di Dreyfus *
Fernand Labori, il legale di Dreyfus*
* I personaggi contrassegnati dall’asterisco potrebbero essere recitati da attori con due o tre ruoli.
Luoghi: Parigi, Francia e Isola del Diavolo, Guyana francese
Tempo: intorno al 1899
Scena: un grande ufficio con due porte, una dietro ed una a sinistra, una parte separata a destra, senza alcuna porta in vista.
La scena è costituita da un ampio ufficio con due porte, dietro e a sinistra, e da una piccola sezione staccata sulla destra, senza alcuna porta in vista.
Vi è inoltre una finestra a sinistra, con la luce che proviene da dietro e da davanti; al principio, ad intervalli, si sente provenire da lì un tumulto (segnalato da *** Zola nel testo) e spunta un’insegna, che riporta una sequenza di espressioni come "J'accuse! Militaristi". In ciascun caso, la scritta è firmata "Zola," e la testa dell’uomo che regge le scritte è effettivamente quella di Zola. Le scritte vengono mostrate per 30 secondi e poi ritirate. I Presidenti sono gli unici a vedere le scritte, tranne in due occasioni. Quando le insegne vengono alzate, loro le indicano e dicono “Guardate”, e la gente si limita semplicemente a guardare e poi continua a fare ciò che stavano facendo, scuotendo la testa quando il Presidente scuote la testa. Ad ogni modo, nell’ultima scena, ciascuno effettivamente vedrà e sentirà il tumulto che proviene dalla finestra.
Al centro della scena si trova l’ufficio del Presidente della Repubblica francese. Alle pareti magnifici dipinti classici in cornici decorate, vi sono poi mobili e drappi, una grande scrivania ed in particolare un recamier. Un ritratto all’apparenza incompleto sta su di un cavalletto in disparte, da cui pende uno straccio; del ritratto si vedono gli schizzi di un profilo. Il ritratto verrà rimosso dopo la scena terza.
SCENA PRIMA
Nella parte separata della scena vi sono un piccone ed un badile, mucchi di detriti, un buco. E’ possibile ottenervi l’oscurità più nera come la luce più accecante. Ogniqualvolta si accende la luce su questo settore, si sente il forte ronzio di uno sciame di zanzare.
La luce accecante dei tropici si accende su Alfred Dreyfus, prigioniero, mentre scava. Ha un’aria abbattuta, come prevedibile, nondimeno è in ordine e ben rasato.
La guardia: (pronunciando una lunga 'r' vibrante provenzale, così come farebbe con un nome tedesco) Dreyfus, il Comandante dice che sei un modello per i prigionieri. Quindi puoi smettere di lavorare per oggi, ebreo.
Dreyfus: (si drizza sulla schiena e abbaia) No, non prima di aver finito con questa latrina.
Guardia: Affanculo la latrina. Ho caldo, su, che ti becchi una scodella di minestra in più.
Si spengono le luci.
SCENA SECONDA
Le luci si accendono sul centro della scena, illuminando lo studio del Presidente. Le luci non sono al massimo, ma tutto è nitidamente visibile. Il Presidente e Mme Steinheil sono al recamier. Si percepisce un ultimo bramito orgasmico fuoriuscire dal Presidente. Si stende all’indietro, con la testa poggiata sul bordo dello schienale, la gamba sinistra distesa sul divano, la destra piantata sul pavimento. E’ immoto. Nudo. Entrambe le mani sospingono la testa riccioluta e pesante di Mme. Steinheil verso il suo inguine. Lei è vestita, ma con le tette fuori.
La Mme. emette dapprima grugniti soffocati, che poi diventano grida strozzate. Si dimena, riesce a muovere gambe e busto, ma evidentemente non la testa.
Blondel: entra e si precipita in avanti. Assiste alla scena con ansia e poi tenta di tirarla alle spalle per liberarla, ma inutilmente. Chiama attraverso al porta aperta, "Ragazzi, una mano. Fate in fretta."
Entrano due aitanti guardie repubblicane, nelle loro magnifiche uniformi, e stupefatti si fermano sulla porta.
(*** Zola: "J'accuse i politici corrotti" – ma nessuno ci fa caso)
"Bè, allora, stronzi, datemi una mano, per Dio!"
Vanno verso di lui. Uno le prende una gamba, l’altro un braccio, strappano con una certa esitazione.
Ma lei urla. "Fermi! Ahiii!"
Si rialzano, basiti, che fare?
Prima guardia: "Che c’ha il capo? "
Seconda guardia: "Signore, signor Presidente! Per favore, se volete, togliete le vostre mani, -- si'l vous plais."
Nessuna risposta. "Vi prego! Signor Presidente!"
Nessuna risposta.
Guardia: E’ morto.
Urlo della Steinheil. S’agita a destra e a manca, ma inutilmente.
Blondel: Presto, un coltello, delle forbici. Uno si precipita fuori. Dove sono? Questa volta rientra con la segretaria, che grida e sviene. Ma aveva con se le forbici (prima che le lasciasse cadere) e Blondel le raccoglie.
Mme Steinheil: Non fatelo, non fatelo. (ma poi) Procedete, mio Dio, procedete. Tagliuzza le ciocche – ma prima quelle di capelli grigi!
Ciocca dopo ciocca, farfugliando, gridando in modo incoerente – urla ad una guardia -
Blondel: Vai a prendere il Dr. Mehieu. Tu, (all’altra guardia) chiama l’Arcivescovo .. No,.. non farlo,.. merda,.. cazzo!
La prima guardia parte a tutta randa. La segretaria si riprende, e inizia a piagnucolare, come farà per il resto della scena, ogniqualvolta ciò serva a sottolineare un passaggio.
Gli uomini tirano e liberano Madame. Le braccia del Presidente sono bloccate, con le dita irrigidite sulle ciocche di capelli. Una guardia lo copre col suo kimono.
Arriva il dottore. Con l’ispettore.
Dottore: "Bene, bene.. Che abbiamo qui? ..Un morto? ... No. ..Non proprio... Un ictus... è paralizzato.... Non muovetelo. Copritelo, per amor di Dio. Ma guarda un po’ quell’attrezzo – bello dritto, pronto a rimettersi all’opera; eh, è un vero satiro il nostro Presidente."
Blondel: S’è trattato di sesso orale con infarto, Dottore.
Dottore: Eh, fate bene a dirlo. Ma il Dottore sono io. Sono io che devo stendere il rapporto. (con fare accusatorio) Avete spostato i corpi!
Blondel: Naturale.
Dottore: "Naturale" un corno: la mia reputazione professionale è questione di non poco conto. Un ictus, un infarto – è abbastanza? Mi dite fellatio – che cos’è ‘sto "sesso orale", un altro americanismo? – ma c’è stato anche cunnilingus?
Si volta verso Mme Steinheil "State bene?"
Mme Steinheil: Rannicchiata sul tappeto, singhiozza."I miei capelli! I miei capelliiii!! Come farò a posare domani?? Bastardo. Guarda che mi ha fatto!
La moglie e la figlia del Presidente entrano precipitosamente.
Mme Faure: Cos’è tutta ‘sta scena? Che è successo? Perché ci avete fatto spaventare così? Felix! Alzati. Ch’è successo? Dove sono i tuoi pantaloni??
(Guarda il dottore.) E’ vivo?
Dottore: Sì, ma ...
Mme Faure: Oh, ma mi avete fatto prendere un colpo.
Dottore: Sì, ma, vedete, è privo di sensi.
Mme Faure: Scuote Felix. Felix, svegliati!
Dottore: Madame, vi prego. Osservate. E’ in coma, è una cosa molto seria. Persino grave. Potrebbe non riprendersi più. Controllatevi.
Mme Faure: Ma che è successo, sì, ch’è successo?
Dottore: Come stavo dicendo quando avete interrotto.. Era un uomo forte – che cosa era? Un “sessantanove"? Una maggior precisione sarebbe eccessiva, credo. Non vorrei si facesse una qualche inchiesta sulla mia competenza professionale.
Figlia: (inorridita) Mamman!
Mme Faure: (implorante) Ispettore!
Ispettore: Sì, sì, non preoccupatevi, Madame. Lo metterò nel rapporto. Niente cunnilingus, niente soixante-neuf - solo fellatio, pura e semplice.
Figlia: Mamman!
Mme Steinheil: (Rialzandosi dal pavimento): Certo, è così che si salva la faccia all’uomo, dato che è solo la donna ad agire.
Ispettore: Ma trattasi del Presidente, Madame.
Mme Steinheil: E allora, se dicessi che il vecchio caprone si stava solo levando dei capelli finiti tra i denti? Soltanto questo, e altro. Dovrei forse dirvi che prima di giungere al culmine, il porco stava...
Si interrompe, si guarda in giro, e poi si china per sussurrare qualcosa all’orecchio del Dottore – questi assume un aspetto esterrefatto, lei gli scuote la spalla vigorosamente e poi gli sussurra dell’altro. La scena è ancora di ghiaccio. Lui si toglie gli occhiali, li ispeziona, si gratta il naso, e li rimette.
Dottore: ..Bene, bene. (Poi, con determinazione.) Va bene, allora. E dunque sia. Colpo apoplettico. La pressione del carico di lavoro. Mal di testa forti tutto il mattino. Riducete i suoi impegni.
Tutti, tranne Madame Steinheil, si voltano verso il pubblico e proclamano all’unisono (notare gli accenti e la sillabazione):
Sì, senz’-al-tro!
Vive le pol-i-tesse!
Vive la pol-i-tique!
Vive la caz-zu-ta France!
Mme Faure: (Nota Mme Steinheil, che ha ripreso a singhiozzare. Va da lei a consolarla.) Non piangete, mia cara, state certa che si riprenderà. Ad ogni modo, non è stata colpa vostra...(Si accorge ora dei suoi capelli) Ma che è successo ai vostri capelli?"
Mme Steinheil: (indica il corpo urlando.) E’ stato LUI!
Mme Faure: Ma come? E’ praticamente morto.
Mme Steinheil: Mamma mia, che cretina! .. OK, non è stato lui, allora! (Inventa una storiella in quattro e quattrotto.) Si è arrabbiato, mi ha afferrata ed ha preso a tagliarmi i capelli.
Figlia: Che cosa avete fatto per appassionarlo in quel modo?
Mme Steinheil: Appassionato, giusto. Il maiale, sempre a darmi la caccia.
Ispettore: Madame, non credo che siate del tutto corretta. Può darsi che sia defunto, o morente, o che altro - perdonatemi, Mme Faure – ma era indubbiamente un signore a modo.
Mme Steinheil: Oh, ti ci metti anche tu adesso, immagino che crederai di poterci provare di nuovo con me, che ti si presenti una seconda possibilità. Ma ricordati di quello che t’ho detto quando eri tu a starmi dietro nel tuo ufficio: Vai a fare in culo... prima che ti dia un calcio nei coglioni.
Ispettore: Madame, ero preda della lussuria. Vi chiedo perdono per qualsiasi fastidio io possa averle procurato. Per ciò che è accaduto qui, bien – non vi è alcuna legge contro le succhiacazzi. Au contraire, vive le sport. Apropos, come mai nessuno ha chiamato un prete?
(*** Zola -- J'accuse "la stupida polizia")
Mme. Steinheil (Sfottendo.) Che cretina! Dov’eri quando Zola se l’è filata in Inghilterra? Ecco l’uomo per te. Lo prenderei anche adesso.
Ispettore:(Sbuffando di stizza, ribollendo di furia.) Madame, avete detto abbastanza!
Incede altezzosa verso l’esterno, con indignazione, portandosi appresso le scarpe, cercando di colpirlo con il tacco a punta di una di queste, mancandolo per poco).
Ispettore: Ora tocca a voi, Blondel. Raccontate che cosa è accaduto.
Blondel inizia a spiegare: tutti lo ascoltano con attenzione, ritraendosi dalla destra del divano e scena del misfatto.
SCENA TERZA
Blondel parla con voce da narratore e al presente storico.
Blondel: Siamo nel mezzo del pomeriggio. L’Arcivescovo di Parigi è venuto per parlare col Presidente. Lo faccio accomodare in anticamera. Entro nell’ufficio del Presidente. Monsieur President, signore, dico, sua eccellenza l’Arcivescovo di Parigi è venuto per la questione delle donne che rifiutano di portare il velo a messa.
Come Blondel inizia a parlare agli altri, il Presidente si alza senza che nessuno gli presti attenzione, né lui a loro. Si rimette i vestiti e le sue inconfondibili pantofole, pestando con forza il piede quando ne infila una. Gli altri si voltano verso di lui distrattamente, senza dire nulla. Egli è di nuovo visibile, evidentemente, ma gli altri si limitano ad ascoltare, sono soltanto uditori e spettatori di ciò che accade, mentre si dispongono verso il retro della scena, lasciando spazio nella parte anteriore, anche a sinistra come a destra, alle azioni che si annunciano.
Blondel: L’Arcivescovo di Parigi sta arrivando. Sono le quattro. E’ un po’ in ritardo...
Presidente Faure: (ora di nuovo in azione) Non state lì a parlare così tanto, Blondel, fate entrare Sua Eccellenza."
Arcivescovo: (Inizia a declamare mentre porge la mano per il baciamano.) Ho molto da dire e poco tempo per farlo – grazie a questo commediografo miscredente – e dunque ascoltatemi con attenzione. La disciplina sta venendo meno nelle chiese. Rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, vi è un 13% di donne in meno (con un margine di errore più o meno del 4%) che si copre il capo con un cappello o con il velo durante la messa. Il 22% indossa solo l’uno o l’altro. E la tendenza è in aumento, indipendentemente dagli sforzi di preti e diaconi per correggere le abitudini. Al volgere del secolo, a due anni da oggi, si prevede che solo il 31% osserverà la regola.
Presidente: (Scuote la testa, visibilmente colpito.) T-, t-.
(*** Zola -- "J'accuse la gerarchia ecclesiastica")
Arcivescovo: Capite ciò che sta accadendo? Una mela marcia rovina tutto il cesto. Dreyfus sta morendo, e giustamente – maledetto ebreo–, sull’Isola del Diavolo, ed ora gli altri traditori – i massoni, gli ebrei, i socialisti, gli anarchici, le puttane e le canaglie come il commediografo – si stanno preparando a riportarlo qui.
E presto nessuno si recherà più a messa, i preti saranno mandati in esilio, la nostra proprietà sarà confiscata. La Francia sarà messa in croce dai suoi nemici stranieri, dalle spie, dagli atei come Zola, che offrono il fianco alle spie tedesche, e le femministe, che sono peggio dei tedeschi – e come stanno Mme Faure e vostra figlia? Che famiglia deliziosa, che Dio vi benedica (sollevando la mano per benedire), addio.
Fa per uscire, ma poi si volta di nuovo.
Naturalmente, dimenticavo una cosa importante. Lasciate che mi congratuli con voi per il voto alla Camera di questa mattina. Ora che voteranno tutti e 48 i membri della Corte di Cassazione, anziché solo i 16 della Sezione Criminale, avremo una possibilità in più di sbattere la porta in faccia ai Drefusiani. E bravo il nostro giovanotto! (Muove il dito e lancia un furbo sorriso di approvazione al Presidente.)
La Chiesa, l’Esercito, il Parlamento ed ora la Giustizia, eh? Gran lavoro. Mandiamo tutti questi vermetti di sinistra dietro le sbarre - o peggio. La Francia sarà nelle nostre mani. E daremo al gregge la frusta e le preghiere di cui ha bisogno.
Esce
Albert, Principe di Monaco, si intrufola nella stanza senza cerimonie, poiché la sua presenza è stata annunciata dalle frasi rivoltegli ad alta voce dall’Arcivescovo mentre usciva.
Arcivescovo: Mia Serenissima Altezza, Pricipe! Dovreste versare alla Chiesa almeno il 10% dei profitti realizzati col gioco d’azzardo!.. Mon cher Albert! Voi perseverate nell’errore!
Principe: (voltando la testa indietro mentre si infila nell’ufficio) Sì, sì..
Ma come il principe entra, si sente del tramestio nell’anticamera, ed un uomo con la barba, che dall’aspetto e dal comportamento non può che essere un artista, si introduce a forza nell’ufficio, con un pennello ed un cavalletto sottobraccio.
Blondel: Monsieur Steinheil! Non oggi, non ora!
Steinheil: Una seduta di posa! Ho bisogno di un’altra seduta di posa.
Presidente Faure: Cosa? Un’altra seduta! Ma se vi ho appena pagato l’ultima!
Steinheil: Monsieur President, quando mi faccio tutta la mia brava strada per venire qui, devo essere pagato, seduta o no.
Presidente Faure: Molto bene. Blondel, il solito compenso. Voi sapete, naturalmente, che siamo in attesa di Mme Steinheil?
Steinheil: (impermalito) Certo. Siamo venuti insieme. (Uscendo dice confidenzialmente a Blondel), Non ho nulla da vendere se non il mio talento e mia moglie, e il mio talento non è in vendita.
Presidente Faure: Ah, M. le Prince! Non vedo l’ora di vedervi ai tavoli la settimana ventura.
Principe: (Vi è un che di stupido in lui.) Il piacere è reciproco. Confido che la vostra fortuna persisterà.
Presidente Faure: Voi, siete la mia fortuna, caro Principe. Come può la Francia esservi d’aiuto in questo frangente?
Principe: Si tratta di mio figlio, Monsieur President, un bravo ragazzo, voi lo conoscete, un perditempo - ovviamente – un povero studente - nove anni all’università – sto cercando moglie per lui -- une bonne femme, capite, aristocratica, parca, un angelo del focolare, magari pure vergine, ed una discreta dote – uno, dieci milioni di franchi, d’oro.
Presidente Faure: Dubito che la troverete a Parigi,
Monsieur:Avete provato a Philadelphia ?
Principe: Un’idea tres bon, Monsieur President.
(*** Zola -- "J'accuse i militaristi")
Presidente Faure: A rieccoci con quella maledetta allucinazione... Dovete perdonarmi, Principe, la mia mente è occupata dai preparativi per la riedizione del processo Dreyfus. Questa è la volta buona per incastrarlo a dovere.
Principe: Ah, sì, Monsieur President, sono latore di notizie importanti per voi da parte del Kaiser – in effetti era la ragione per cui sono venuto.
Presidente Faure: Il Kaiser tedesco? Risparmiatemi le cattive nuove. Vuole forse un’altra guerra?
Principe: No, Monsieur. Gli chiesi di Dreyfus, e mi disse, direttamente dalla voce del padrone, per così dire, che Dreyfus non era collegato in alcun modo ai servizi segreti tedeschi. Avete preso il tizio sbagliato, dice.
Presidente Faure: Pure voi. Ditelo a Zola. Il Kaiser dovrebbe dire che Dreyfus spiava per lui. Ciò aiuterebbe molto di più Dreyfus. Mi fate ridere.
Prince: Bien. Consentitemi allora di aggiungere questo, affinché possiate ridere un altro po’. Se fate rimpatriare Dreyfus dall’Isola del Diavolo, in quel caso non si potrebbe più dire un prigioniero a tutti gli effetti, e allora perché non celebrare il processo a Cannes, mentre noi lo teniamo in custodia nella nostra nuova prigione a Monaco? Lì potrebbe essere visto mentre passeggia di tanto in tanto lungo il belvedere della prigione sulla scogliera, e tanto i Dreyfusiani quanto gli Anti-Dreyfusiani potrebbero vederlo. Sarebbe di grande aiuto al turismo.
(*** Zola: l’insegna recita "Ottima idea!")
Presidente Faure: Siete impazzito? Vi sarebbe un tumulto ad ogni fine settimana! Verreste distrutti. Dovrei annettere il Principato di Monaco e mandarvi l’esercito. In ogni caso, non sono io che tira le fila, ma l’esercito.
Principe: Oh, bè, era solo una pensata.
Presidente Faure: Non pensate, Monsieur le Prince. E’ la Francia che pensa per Monaco. .. Tra l’altro, dubito che Dreyfus sia di ritorno così presto. Ho motivo di credere che l’Alta Corte metterà l’Esercito in condizione di svolgere il proprio compito. Si frega le mani e assume un ghigno malvagio.
Ed ora, dovete perdonarmi. Cercherò una vergine per vostro figlio. Non che sia facile. Magari una semi-demi-quasi vergine.. Ora ho un impegno impellente.
Il Principe esce.
Di seguito la sua amante è condotta all’interno dalla porta posteriore; indossa le scarpe, chic, i suoi capelli ben acconciati e vaporosi (una parrucca che si intona coi suoi capelli “naturali”, in effetti anch’essi una parrucca, molti dei quali sono stirati e fissati con forcine).
Il Presidente riprende a spogliarsi. "No, No !!" ... facendo branco come i tifosi allo stadio. " No, no , no." Gli urlano consigli, anche uscendo dal personaggio se se la sentono: esortazioni da macho, urli di spavento, sguardi distolti, complimenti per il culo di lei, ecc. (E’ difficile capire se siano in una frenesia montante per azioni passate, future, o azioni in quanto tali.)
Ma lui comunque va avanti, e grida "Fuori, tutti voi!" e li fa uscire dall’ufficio, prestando la voce alle loro diverse espressioni d’ipocrisia e moralismo; vi torna poi per rilassarsi sul divano, ridacchiandosela, senza alcun pudore.
Presidente Faure: Rifacciamolo.
Lei fa la stessa cosa ed i due sono di nuovo ricongiunti mentre la scena finisce -- buio.
SCENA QUARTA
Nell’oscurità si illumina di nuovo la parte destra del palcoscenico. La guardia è in disordine, suda, mentre. Dreyfus, impeccabile, scava con precisione.
Guardia: Basta co ‘sto lavoro. Ti ammazzerà, e io ho avuto l’ordine di non ammazzarti.
Dreyfus: (parlando come di affari) Questo è giardinaggio amatoriale, per tenermi in salute. Lasciate che io renda il bordo di questo fosso più squadrato... "E’ nel dettaglio che sta la perfezione e la perfezione non è un dettaglio."
Guardia: ‘Fanculo. (Fa come per colpirlo col calcio del fucile.)
Dreyfus: Ma l’ha detto Michelangelo.
Guardia: ‘Fanculo pure lui, fottuto mangia-spaghetti, ‘fanculo tutto lo strafottuto mondo. Preferirei piuttosto tornare ad essere un prigioniero, come una volta – ai bei vecchi tempi, prima della grazia... (Nostalgicamente.) Niente responsabilità. Sono i tipi come te che rendono la vita dura agli altri prigionieri."
Tossisce e sputa del catarro mancando di poco Dreyfus, che non fa una piega. "Ho la gola così secca che non riesco nemmeno più a sputare come si deve. Una volta una delle mie ostriche bastava per mandare a terra un prigioniero."
SCENA QUINTA
Tre giorni dopo
Presidente Loubet: Ci sono tutti, gli avvoltoi?
Blondel: Sì, Monsieur President. Sono venuti persino quelli con gli apparecchi fotografici più grandi e più moderni. Vogliono fotografare il recamier, e voi, naturalmente. Ma, Monsieur President, non c’è mai stata prima d’ora in Francia una conferenza stampa presidenziale. A dire il vero non ce ne sarà una da nessuna parte fino a che Franklin Delano Roosevelt convocherà la prima a Washington nel 1933.
Presidente Loubet: Che cosa siete voi, una sorta di futurologo, di profeta? Siamo nel 1899 e chi sarebbe poi codesto F.D.R.? Se io voglio convocare una conferenza stampa e il mio autore vuole una conferenza stampa, che si faccia una conferenza stampa. Sono in grado di condurla. Quindi portate il vostro culo fuori di qui.
(A voce alta, verso il cielo.) Il futuro è ovunque - passato, presente, qui, là. Il tempo è l’invenzione di manipolo di preti paurosi – per metter tutto a posto per benino, fino all’Ultimo Grande Giorno!
Blondel apre la porta e 4 reporter e 3 fotografi – uno con la macchina fotografica, gli altri con pesanti aggeggi – si precipitano dentro, spingendolo a lato.
I giornalisti si trascinano oziosamente per la stanza, dando una sbirciatina qua e là: non dispongono nemmeno di un taccuino, eccezion fatta per un reporter ben vestito, che viene interrotto per due volte dagli altri che gli implorano un pezzo di carta e si appropriano di una matita dalla scrivania del Presidente.
Primo Reporter: Vostra Eccellenza. Omaggi dalla stampa al secondo giorno del vostro incarico. E’ tornato l’ordine in Francia, dopo la tragedia del Presidente Faure?
Presidente Loubet: Sì. Ieri vi sono state solo sette manifestazioni di massa e sei sparatorie, il più delle quali, rilevo con piacere, imputabili ad anti-Dreyfusiani. Il mio nuovo governo ha intenzione di difendersi con tutti i mezzi. Vi sono malintenzionati che stanno lavorando contro la Repubblica, come sempre del resto. Portate questo messaggio ai vostri lettori: E’ ora che tutti gli uomini di buona volontà vengano in aiuto alla Patria. Pace, lavoro, pane: queste saranno le nostre parole d’ordine. Ferite in via di guarigione, certo. Né manco di ricevere minacce dagli anti-Dreyfusiani: pregate i vostri lettori di lasciarmi in pace.
(***.. Zola: "J'accuse la stampa corrotta)
Reporter A: Come sta il vostro cuore, signor Presidente?
Presidente Loubet: Funziona alla perfezione, godo di ottima salute. Inoltre, a differenza del mio predecessore, non sento alcun bisogno di un’intensa attività fisica... Dunque intendo porre mano con forza alle questioni dell’Alsazia, del Canale di Suez, dell’Algeria, della Tunisia, … per non parlare delle questioni interne legate al benessere dei lavoratori francesi, la regolamentazione delle case chiuse, il...
Reporter B: Che n’è stato delle ciocche di capelli...
President Loubet: Quali capelli?
Reporter B: Ma sì, i capelli tagliati a Mme Steinheil.
Presidente Loubet: E senza alcun indugio legifereremo affinché cessi il minaccioso assedio della cultura americana attorno alle istituzioni francesi. Sotto ogni ponte di Parigi e dentro ogni pissoir si cela un americano... Altra domanda.
Reporter C: Che ne farete dell’ex-capitano Dreyfus?
Presidente Loubet: La questione è ora nelle mani della Corte di Cassazione, riunita al completo, 48 uomini retti e probi. Mi atterrò alle loro decisioni, specialmente se saranno quelle giuste, come so che saranno.
Reporter D: Dicono che i capelli di Madame Steinheil siano stati venduti per 1000 franchi. Lo sapevate?
Presidente Loubet: Idiozie. Chi “dicono”?
Reporter D: L’opinione pubblica francese, Monsieur President.
Presidente Loubet: Oh, bien alors. Un altro grave scandalo. Un’apposita commissione d’inchiesta verrà nominata non appena uscirete.
Fa un cenno di soppiatto a Blondel, che proferisce a voce alta,
Blondel: Grazie, signor Presidente, e, Da questa parte, signori, conducendo fuori i giornalisti, ora recalcitranti.
Presidente Loubet: Non male, vero? E’ così che farà il Presidente degli Stati Uniti?
Blondel: Precisamente, Monsieur President.
Presidente Loubet: Che errore lasciare che ponessero domande.
Blondel: Nessun problema, Monsieur President. .. di domande ne accetterà anche F.D.R. Come tutti i presidenti americani. E le gestiranno così come ho fatto io quando stavano esagerando. Astuto, no? Voi battete le ciglia. Io dico, "Grazie, signori." Gli americani non sono così stupidi come pensiamo.
Si avvicina in punta di piedi alla porta per fare entrare il visitatore successivo, ma attendendo l’approvazione del Presidente.
Presidente Loubet: Blondel, l’americanismo si sta già diffondendo in Francia come la peste. Dobbiamo fare una legge contro di esso... Fermeremo il futuro sui suoi binari! E se voi non la smettete col vostro futurismo da due soldi, finirete nel Buco Nebbioso.. Immagino già sappiate com’è.
Blondel: Sì, Monsieur President. E’ caldo e umido come la vagina di Mme. Steinheil...
Presidente Loubet: Non nominate più quella donna. E’ un mostro! ...Washington si sta impadronendo del mondo mentre la Francia si dà al sesso orale, anziché fare abbastanza bebè da trasformare in carne da cannone per una guerra contro il Lussemburgo. Di cose simili non ne accadranno mai alla Casa Bianca, vero?
Blondel: Bè, a dire il vero, Monsieur President...
Presidente Loubet: Non dite altro, Blondel.
Esce Blondel.
(*** Zola: "J'accuse i pazzi monarchici")
SCENA SESTA
Entra il Ministro della Giustizia, condotto da Blondel.
Blondel: Sua Eccellenza, il Ministro della Giustizia.
Ministro: Ah, mio buon Presidente. Di quale fortuna godiamo, con voi alla nostra guida, tutto procede bene nella belle France. Sono venuto per informarvi del futuro.
Presidente Loubet: Ottimo, ottimo. Sbrighiamo tutto in una volta sola, Passato, Presente e Futuro.
Ministro: L’Alta Corte Tripla Speciale per alto tradimento indicherà che Dreyfus è stato condannato ingiustamente e ordinerà all’Esercito di processarlo nuovamente.
Presidente Loubet: Processarlo nuovamente?
Com’è possibile che quarantotto giudici siano unanimemente fuori di senno?
I generali lo condanneranno un’altra volta, mai ammetteranno di aver commesso un errore. E perché credete che abbiano perso tutte le guerre?
Ministro: Esatto, Monsieur President. Quindi i giudici sono davvero saggi. Metà di loro vuole che l’Esercito si tiri la zappa sul piede. L’altra metà vuole che Dreyfus sia condannato nuovamente. Voilà.
Presidente Loubet: Ma è una contraddizione! Metà vincerà e metà perderà.
Ministro: Non ha importanza. Poiché a questo punto entrate in gioco voi. Rigettate la Corte Marziale dell’Esercito e concedete la grazia a Dreyfus.
Presidente Loubet: La grazia! Ma è innocente. Perché dovrebbe essere graziato?
Ministro: Per il bene della Francia, vostra eccellenza.
Presidente Loubet: Ma è proprio ciò che ci ha causato tutti questi guai sin dall’inizio!
Per di più, l’Esercito si ribellerà, mi uccideranno. ecc., ecc.
Ministro: Nossignore, nossignore. Vi prego. Vi è un futuro che accade veramente ed uno che non si verifica affatto. L’Esercito non si opporrà alla grazia per Dreyfus. Perché? Perché voi dichiarerete un amnistia destinata a tutte quelle canaglie di ufficiali che sono in attesa di essere processati, condannati ed espulsi con disonore.
Presidente Loubet: Dunque andrà così! Ho afferrato.
Bien! Bene!
Ma faremo meglio ad occuparcene subito prima che l’altra Superpotenza repubblicana ci dedichi le sue attenzioni.
Ministro: Chi intendete dire, signore?
Presidente Loubet: Ma gli americani, mio semplice amico! Perché devo essere l’unico qua intorno ad essere ossessionato dagli americani? Vi do un futuro pari al vostro! Tra due anni inizia il secolo americano. Lo sapevate? E noi dove saremo?
Hanno appena spazzato via l’impero spagnolo. Affollano i Carabi come anguille. Rifiutano di partecipare alla magnifica esposizione mondiale del secolo qui a Parigi per solidarietà a Dreyfus.
Ministro: Gli americani, Monsieur, sono degli ipocriti sinceri. Quindi possono fare tutto ciò che a loro aggrada. Guardate come trattano i Negri – mentre noi stiamo sulla graticola per un solo ebreo.
Presidente Loubet: Per quanto ne sappiamo, potrebbero già essere in marcia verso la Guyana. I loro ebrei sono in orgasmo ed estraggono shekel, un corsaro irlandese sta preparando una sortita, Teddy Roosevelt non vede l’ora di gettarsi nuovamente nella mischia. All’insegna della dottrina di Monroe, Dreyfus viene sfruttato dalla cospirazione mondiale contro la Francia.
Oh, procedete, allez-hop.
Ministro: Saremo lieti di annunciare al mondo,
che alla giustizia verrà dato pieno corso in tutti i tribunali della storia di Francia,
che i molti nuovi giudici han dato tale lustro alla legge che anche la più piccola causa riferita ad un ebreo verrà giudicata correttamente.
simo una sentenza acclaratamente giusta con un’altrettanto acclaratamente giusta grazia,
altrimenti la Francia, pur con tutte le leggi migliori di questo mondo, sarebbe stata macchiata dalla colpa di quest’uomo innocente.
Grande è la giustizia che condanna un innocente per la gloria della nazione, mentre lascia che questi ne esca illeso -
Presidente Loubet: Illeso tranne che per la più completa rovina, ed anni su uno scoglio rovente. .. Procedete, ho detto. Non siete atteso da qualche parte?
(*** Zola: J'accuse i giudici politicizzati)
Si spengono le luci.
SCENA SETTIMA
La luce si accende sul mucchio di detriti di Dreyfus. Il suo piccone e il suo badile si ergono incrociati. La guardia siede su uno sgabello da campo, sconsolata. Guarda in alto e verso il pubblico.
Guardia:(grida.) ‘Fanculo! Fous-le-camp! Se n’è andato! E’ tornato in Francia, quel culo sfondato.
Si spengono le luci.
SCENA OTTAVA
Le luci si accendono immediatamente dopo la fine della scena settima, ed ecco che si vede proprio lui, Dreyfus. Non porta più i vestiti della prigione; indossa una uniforme finta, senza galloni né medaglie. Con l’aiuto del Presidente, è impegnato nello srotolare scrupolosamente una grossa pergamena, molto grossa, tre metri per uno, con pezzi di nastro rosso che servono per tener insieme il documento una volta riavvolto. La scritta a caratteri cubitali “Grazia” campeggia su di esso, oltre a vari “Considerato che”, “Per ordine di”, “autorità”, ecc. Emile Zola, che indossa un giubbotto ed un lungo foulard scarlatto, sta a guardare, con una maschera anti-gas gettata sulla spalla. A guardare ci sono anche Clemenceau (coi vestiti mezzi strappati dopo una fuga precipitosa dalla folla inferocita), Piquart (in abito da carcerato e kepi) e Labori (che ha una grossa fasciatura intorno al collo e sotto il braccio sinistro).
Presidente Loubet: Ciò che portate assomiglia molto ad un’uniforme, Monsieur Dreyfus.
Dreyfus: Lo disegnata io stesso, Monsieur President. Non è d’ordinanza, ma l’Alta Corte mi permette di portarla lo stesso. Nondimeno anelo al momento in cui potrò camminare per le strade con i galloni e le medaglie di un ufficiale e gentiluomo.
Esamina imperscrutabilmente il documento, che è aperto alla sua parte centrale su di una sedia. Il Presidente tenta di penetrare la sua espressione rigida e stolida, ma invano.
Presidente Loubet: si gira verso Zola. Immagino pensiate di essere molto astuto, eh, M. Zola? Un grande scrittore che smuove la nazione, l’intero stramaledetto mondo, da Stoccolma a San Francisco.
Zola: Un po’ di rispetto, Monsieur. Il capitano Dreyfus è un uomo ammalato. Non è vero, Mon Capitain?
Dreyfus: No, affatto.
Zola: Beh! (con disgusto).
Presidente Loubet: Sono certo che vi sentirete nuovamente in possesso di tutte le forze, considerata questa magnifica attestazione della vostra innocenza, Capitain, Monsieur.
Zola: Dovreste rifiutare la grazia. Non avete fatto nulla per cui essere graziato. La Repubblica francese piuttosto dovrebbe implorarvi per il vostro perdono. Giusto, Piquart? Giusto, Labori? Giusto, Clemenceau? (Assentono con fastidio a turno.)
Piquart: Sono un uomo di poche parole. Ma questo è ciò che penso. (Afferra un lembo della grazia strappandolo bruscamente. Dreyfus e il Presidente restano di stucco.)
Dreyfus e Presidente: Mais non! Colonnello Piquart, mais non!
Labori: A volte penso che sarebbe meglio se foste colpevole, Dreyfus! (Afferra la grazia nel mezzo e la straccia in due - Dreyfus in effetti gli dà una mano, per via del suo braccio malmesso.) Voilà!
Dreyfus e Presidente: Mais non! Cosigliere Labori, mais non!
(Anche Clemenceau afferra un lembo del documento.) Et tu, Tigre?
Clemenceau: Oui, anch’io. Ho scritto 800 articoli per voi, Dreyfus. E sapete una cosa? Siete l’unico in Francia a non sapere nulla dell’affare Dreyfus! (Raccoglie una metà della pergamena, ne strappa un pezzo e lo sventola per aria.) Se accettate questa porcheria concederanno l’amnistia a tutti i delinquenti che vi hanno condannato! (Inizia una specie di marcia intorno al gruppo, agitando il pezzo di carta.) "A-bas le pardon! A-bas le pardon! "
A tale vista, Labori fa lo stesso, seguito da Zola, che ha raccolto il quarto e ultimo pezzo di carta, e poi da Piquart, fino a che tutti e quattro non camminano a passi pesanti intorno al Presidente e a Dreyfus come indiani, scandendo "A-bas le Pardon!"
Dreyfus: (preoccupato e con fare riverente.) Ma signori, trattasi di un documento del Governo!
Improvvisamente tutti e quattro di fermano, esclamando insieme: Dreyfus, fate ribrezzo. (Lasciano cadere i pezzi di carta nel mezzo.)
Labori: Si salva un uomo, ma la Giustizia ne esce a pezzi.
Clemenceau: Lasciatelo perdere. Le vittime non sono fatte per essere eroi. Quattro eroi sono più che sufficienti per l’occasione.
Presidente: (Sarcasticamente) E Madame Meg Steinheil? La quinta eroina! Ha ucciso il mio predecessore! Tutti lo guardano a bocca aperta. Lui si lascia cadere sulle ginocchia e inizia a esaminare i pezzi di carta. Improvvisamente si raddrizza, con un pezzo di carta in mano e dice trionfante: Questo andrà bene. Reca la mia firma!
E’ ancora per terra quando la porta si spalanca e le signore Steinheil e Faure fanno il loro ingresso nell’ufficio. Gli uomini restano di stucco.
Mme. Faure: (A voce alta ed alle lacrime.) Oddio, sentitela! Vuol scrivere un “Se-mi-dai-un-bacio-te-lo-dico!"
Gli uomini: Un che?
Mme. Faure: Un " Se-mi-dai-un-bacio-te- lo-dico." Ha intenzione di mettere per iscritto l’intera sordida vicenda per 500 franchi!
Gli uomini: (Increduli) Mais, no-on!?
Mme. Steinheil: Certo! E ne uscirete tutti male, ma molto male.
Mme. Faure: Fermatela!
Zola: Ma è un compenso ridicolo!
Clemenceau: Offro di più!
Presidente Loubet: Ma perché? Mme. Steinheil.
Mme Steinheil: Per la mia reputazione! Per mio marito! Siamo poveri, e quello che mi manteneva è morto. (Mme Faure si fa scappare un grido di lamento.)
Labori: Un altro disastro in questa faccenda e siamo tutti rovinati.
Presidente Loubet: No, aspettate. Mi è venuta un’idea!
Mme. Faure: Fermatela!
Presidente Loubet: (Senza prestarle attenzione.) Ascoltatemi, Mme. Steinheil, Meg – se permettete – non vi sarà necessità che voi scriviate alcunché, non vi sarà alcun bisogno che voi sciupiate i vostri bellissimi occhi a mandorla con venature tra il verde e il nocciola. Basta che vostro marito completi il ritratto del Presidente Faure, il medesimo sul quale ha lavorato negli ultimi 19 mesi, e vi assicuro che l’accoglienza che esso riceverà gli garantirà un invito ad entrare nel novero dell’ordine della Legion d’Onore. E come membro eminente della Legione, egli sarà il ritrattista più ricercato di tutta Parigi – con la possibile eccezione di Bouguereau, naturalmente – e immaginate ora quali potrebbero essere le vostre opportunità!
Mme Faure: Sìì! Giusto!
Tutti gli altri (tranne Dreyfus, che appare piuttosto avulso dal contesto): Sìì! Giusto!
Tutti guardano Mme.Steinheil, trattenendo il fiato.
Mme. Steinheil: (il suo volto esprime sbigottimento, poi dubbio, e poi un livello crescente di comprensione della proposta e delle sue conseguenze, infine un urlo di entusiasmo.) Sìì! Giusto!
(Mme Faure le afferra la mano con gratitudine.)
Presidente Loubet: Bene. D'accord. Clemenceau, ci attendiamo sostegno dalla stampa contro i nostri oppositori nei media.
Clemenceau: Molto bene.
Presidente Loubet: Ora, stavo dicendo, (e torna a levare il pezzo di carta stracciata un’ennesima volta, porgendolo a Dreyfus) Ho l’onore di consegnarvi, capitano Alfred Dreyfus, questo prezioso documento, la nostra grazia per voi, nel nome del popolo francese.
Dreyfus: Accetta la carta stracciata con dignità. Accetto la grazia, ma continuerò a battermi per la mia completa riabilitazione. (Teso, incerto.) Monsieur Zola, accetto la grazia perché lo devo alla Francia e voglio fare in modo che Essa non riceva più danno dello stretto necessario.
Presidente Loubet: Ben detto, Capitain, Monsieur. Siete un uomo pragmatico, e capite bene che per il bene de La Belle France è necessario seppellire lo scandalo. (indorando la pillola.) Magari potreste emigrare in America, Monsieur, Mon Capitain. Vi è tanta gente come voi là – gente con, come dire? – con problemi giudiziari – gente che si rifà una vita. E’ il paese del futuro. Il futuro! (Solennemente) "Chi dimentica il futuro è costretto a riviverlo." Poi aggiunge, come fosse un’ulteriore elemento di riflessione, E personalmente sarete più al sicuro.
Prende Dreyfus sottobraccio, quasi a confortarlo, e i due, voltando la schiena a Zola, iniziano a lasciare l’ufficio. Allo stesso tempo, si sente provenire dalla finestra un crescendo di suoni e rumori. E’ una banda d’ottoni che suona a tutto fiato il ritornello della marcia “The Stars and Stripes Forever” di John Philip Sousa.
Presidente Loubet: (sente e si volta, gridando) E’ la banda di John Philip Sousa. Allora gli americani vengono all’esposizione mondiale di Parigi, dopo tutto! Che figli di puttana benevoli e mercenari! Gli Yankee stanno arrivando! Gli Yankee stanno arrivando!
Dietro la finestra aperta compare un orsacchiotto e la faccia ghignante di Theodore Roosevelt. La vedono tutti, ora, ed esclamano entusiasti "E’ Teddy Roosevelt!" Tutti si precipitano fuori, tutti tranne Zola.
Zola: (disilluso) Eccola, la folla. Io sono il loro leader. Mi rifiuto di seguirli! (Poi diviene visibilmente furioso.)
Zola, rivolto prima alla finestra e poi al pubblico, pronuncia ora un appassionato "j'accuse" contro il Letame della Tradizione. Dopo le prime righe sale su di una sedia, declamando da lì, e poi salta sulla scrivania quando si accende ancor più di passione. Si tratta in effetti di una poesia declamata, una polemica.
Zola: Letame miserabile,
la vita delle masse!
Serpi son esse e salgono
su per caviglie grasse
di tradizione ignobile
e laida servitù!
Chi venne il cor strappandovi,
nutrendone i padroni?
Lo Stato pria i ventricoli,
la Patria poi i polmoni,
l’arterie ancor l’Esercito
d’un fiato mandò giù!
Ma sol la Chiesa d’anima
si fece l’empio pasto.
Ed eccovi lì, scheletri,
più nulla v’è rimasto!
E come scimmie godono
D’insulso cincischiar!
Monta sulla sedia
Penosi peni s’agitano,
se mostransi le fighe,
seccassero i testicoli,
che quelle fan le rughe:
purché non sia politica,
può l’orgia continuar!
Ma quale sorte improvvida
v’attende: orrore e guerra;
vi pioveran proiettili
dal cielo e dalla terra;
quei vostri musi alcolici
non rideranno più!
Sarete topi luridi
e carne da cannoni.
Un pregiudizio ignobile
ne ucciderà milioni,
ché già ne fu l’archetipo
il capitan Dreyfus.
Il cast rientra alla spicciolata, ma sempre più numerosi, finché tutti quelli che hanno recitato non sono sulla scena. Si aggiunga un trombonista della banda, maschere, bambini, ad libitum. Volgono le spalle al pubblico, guardando Zola, che nel frattempo è saltato sulla scrivania.
Beati lor che muoiono
d’orgasmiche sedute,
godendo come acrobati,
e se le possedute
i lor paesi salvano,
beati pure lor!
Oh, stuprator di libero
pensiero, d’eguaglianza
amici cari ed intimi,
festosa fratellanza
di sensi irrefrenabili,
io qui v’imploro ancor:
A Storia date scapole,
Futuro rinnegate!
Lasciate questi perdere
e d’or in poi mi siate:
più dolci, cari, teneri,
O bestia umanità!
(Ripete la strofa.)
Mentre ripete l’ultima frase, che ripete diverse volte, sempre più forte, ogni volta aprendo il suo giubbotto come un pipistrello, l’intero cast si muove vivacemente intorno a lui in una grande spirale ed in senso antiorario, che termina con la coppia principale sulla destra del palcoscenico. Le coppie ed i terzetti procedono sottobraccio. Due o tre di loro potrebbero recare delle insegne in contraddizione col loro ruolo, ad esempio le guardie con qualcuno di totalmente opposto a loro come personaggio e aspetto, magari Mme Steinheil potrebbe accompagnarsi lietamente con l’ Ispettore; si tenti di accoppiarli in modo tale che il pubblico si chieda "Che senso ha questa coppia? Che contraddizione rivela?” e si dia una risposta. Come la testa della spirale giunge davanti a Zola, essi iniziano a cantare come fosse una filastrocca "Più dolci, cari, teneri, più dolci, cari, teneri…” Che viene poi ripreso da tutti man mano raggiungono la parte anteriore del palco, ove si fermano mostrando il profilo al pubblico.
Tutti: Più dolci, cari, teneri. Più dolci, cari, teneri... ecc.
Quando son tutti arrivati davanti, Zola tace, coprendosi la faccia per la vergogna, mentre l’intero cast mostra il volto al pubblico, e con fare spiritoso e di sfida, grida all’unisono,
Se le cose qui vi appaiono confuse,
è perché lo sono davvero.
I personaggi si inchinano tutti insieme e quando si rialzano, urlano:
Vive le sport de bouche!
Ora si voltano, dando la schiena al pubblico, si piegano e sporgono i loro deretani all’infuori.
Si girano in senso orario tornando a dare la faccia al pubblico, e tutti insieme danno un calcio in aria stile can-can. Come danno il calcio, urlano la parola "Vive!" e poi aggiungono il resto delle parole.
Vive la cazzuta France!
SIPARIO
Appendice: Nota al programma
In origine la pièce prevedeva all’inizio un monologo di Emile Zola. L’Autore ha poi eliminato tale monologo, lasciando che lo spettacolo iniziasse con la scena sull’Isola del Diavolo. Dal momento che la memoria dell’affaire Dreyfus si è un po’ persa nel corso del tempo, viene riportata di seguito nel modo in cui ne avrebbe riferito Zola.
La scena è oscurata, tranne che per un faretto di luce fioca a sinistra. Si ode il rumore della pioggia. Emile Zola, un tipo privo di descrizione, con un ombrello, giunge dall’esterno alla luce con fare trafelato e maldestro. Porta un foulard scarlatto che gli arriva fino alle ginocchia, al di sopra di un giubbotto. Quando parla, è retorico e gesticola – una voce potente.
Zola: Ben mi sta!
Io, Emile Zola,
che messo in subbuglio un’intera nazione,
capirai che roba,
e ho fatto vendere milioni di giornali,
mi ritrovo qui, in esilio a Londra,
e tutto per una buona azione, una nobile causa;
ora sono rovinato, allontanato dalla famiglia,
senza ammiratori né sostenitori –
i miei libri proibiti da puritani timorosi,
ah bien, sempre meglio che l’Isola del Diavolo,
che non è stata certo una vacanza per il povero Dreyfus.
Ma lasciate che vi racconti la storia.
E se vi pare buffa, ricordatevi
che all’alba del nostro teatro
si collocano tre eventi assurdi.
Perché che cosa è stata, in fondo, la guerra di Troia narrata da Omero? –
una guerra tra nazioni per una puttana,
un accesso d’ira puerile di Achille, ed un perverso
trucco messo in atto con un cavallo di legno.
Qui va in scena una tragedia
della Francia all’epoca dei vostri bisnonni,
quando due fazioni avverse
si diedero battaglia per una bagatella.
Una chiamò a sé i demoni dell’Esercito,
della Chiesa, dei monarchici,
degli antisemiti e degli xenofobi,
sguinzagliando una stampa sboccata e vile.
L’altra chiamò a raccolta i liberali, i socialisti,
gli utopisti, i repubblicani –
e duemila anni di diritto romano.
E la loro guerra grottesca, nel volgere di dodici anni, trasformò la nazione in un coacervo di follie.
Folle inferocite che razziavano le strade,
politici che sorsero e tramontarono,
il mondo intero che si scagliò contro la Francia, mentre il Kaiser sogghignava,
"Lasciamo che le rane si distruggano da sé,
quei palloni gonfiati.
Mai mi crederanno quando dirò loro
che non avevo nulla a che fare con Dreyfus."
Nel centro della scena permane una certa oscurità, ma non al punto tale da sorprendere gli spettatori quando si accorgeranno di esso. Sospiri, gemiti e urli soffocati di piacere iniziano a provenire dal divano appena visibile. Zola si guarda attorno, perplesso, per poi continuare.
Io ho una parte in questa recita,
e devo essere serio –
voi invece potete ridere, anzi fatelo pure –
ma io devo essere serio,
se voglio recitare il mio ruolo.
In breve:
Una minuscola scintilla divenne
la rappresentazione incandescente
del diritto e della decenza dell’intero globo.
In altre parole:
C’era un alsaziano, dal cognome tedesco,
cosa non rara da quelle parti,
che era un ricco libertino ebreo.
Era un fervente patriota francese,
un ufficiale preparatissimo,
impeccabile fino all’imbarazzo.
Ma un folle furfante, un funzionario della difesa francese,
un tipico nobile ungherese, bugiardo oltre ogni dire, di nome Esterhazy,
inviò una sciocchezza segregata,
accompagnata da un nota scritta con un calligrafia simile a quella di Dreyfus,
ad un ufficiale tedesco,
che la gettò nel cestino della carta,
dove la ritrovò una donna delle pulizie, che, seguendo le istruzioni ricevute, se la infilò nel suo grembiule sudicio, per poi passarla al suo contatto, che a sua volta la trasmise ai generali, che si lasciarono prendere dal panico.
E scagliandosi contro Dreyfus, il tedio in persona, come se fosse il diavolo stesso, il nemico, una spia,
i generali costruirono un dossier fraudolento, dandosi manforte l’un l’altro per sostenere
le loro accuse menzognere.
E in un accesso di furia paranoica
assalirono Dreyfus, intimidendolo prima e condannandolo dopo – lui che si era sempre protestato innocente –
e lo spedirono in gattabuia a vita.
Eppure sua moglie e suo fratello non si diedero per vinti.
E il complotto venne smascherato.
Il maggiore Henry, falsario e persecutore impenitente, venne scoperto dal colonnello Piquart
e si suicidò. Esterhazy venne processato e dichiarato innocente da una corte marziale truccata,
ma lasciò il paese per vivere in modo dissoluto ed in disgrazia in Inghilterra.
Il buon colonnello Piquart venne inviato in Africa per uccidere, ma poiché si rifiutò di farlo, venne imprigionato.
Il Presidente anti-Dreyfus morì in modo improbabile, in circostanze imbarazzanti, e venne sostituito dal Presidente pro-Dreyfus.
La Corte di Cassazione, formata all’uopo
e composta da 48 giudici per i casi di tradimento, ordinò che Dreyfus fosse rimpatriato
ed annullò il processo tenuto dall’Esercito,
anche se sfortunatamente ne ordinò la riedizione da parte degli stessi generali,
che lo condannarono di nuovo,
facendo infuriare il mondo intero,
al che il Presidente poté graziarlo senza incontrare ostacoli.
Ma la grazia era solo uno spregevole sotterfugio.
Ciò che andava cercato era l’assoluzione con formula piena e con il risarcimento dei danni.
E allora proseguimmo la lotta,
e così incarcerarono su false accuse Charles Piquart, intimidirono Clemenceau, “la tigre”,
spararono a Fernand Labori,
avvelenarono me col grisù,
ferirono Dreyfus, finché questi,
dopo altri sette anni,
finalmente non venne riabilitato completamente, grazie ad un pronunciamento inequivocabile del Parlamento, guidato da Clemenceau.
E’ sempre utile avere un amico in politica –
persino se si tratta di un politico onesto.
Si spegne il faretto a sinistra, si accendono le luci sulla destra.
FINIS